Salutiamo anche Dominic e Michaela, che proseguono ancora per una settimana la crociera, e la famiglia di Raul che ha il volo quasi immediatamente. Noi invece ci rechiamo, grazie ai soliti pick-up, nel centro dell’isola di Santa Cruz, ovviamente nel pieno umido che la caratterizza, per vedere le tartarughe giganti nel loro habitat. C’è infatti una tenuta privata all’interno della quale si sono accordati per mantenere alcune tartarughe giganti, coccolarle e tenerle sotto controllo e al sicuro dai predatori di terra. C’è un grandissimo parco, verdissimo e rigoglioso, che si raggiunge da una stradina secondaria. E, dopo aver cambiato le scarpe con paia di stivali da pioggia, ci immergiamo letteralmente nel fango per raggiungere due splendide tartarughe. Sono abituate, sì, alla visione degli uomini, ma se ti avvicini troppo rientrano quasi completamente nel loro guscio, pare anche sbuffando e grugnando. Riusciamo comunque a farci qualche fotografia.
Ad un tratto una di loro si distrae, perché doveva andare al bar a prendere un caffè, e Sara le ruba il guscio e ci si infila dentro! Ma! Sara, non si fa! Ah no, era solo uno scherzo della mia mogliettina, c’era un guscio vecchio e ci si è infilata dentro! Che simpatica!
Salutiamo i nostri compagni di viaggio rimasti, chissà mai se li rivedremo! Traccheggiamo un’oretta in aeroporto, dove possiamo gustare per gli ultimi minuti delle splendide isole Galapagos. Il nostro programma è intenso, comunque. Arriveremo a Guayaquil, dove aspetteremo più di 4 ore per poterci imbarcare verso Madrid e, da lì, poi raggiungere Malpensa.
Ma, ovviamente, qualcosa non va! Arrivati a Guayaquil, il personale dell’aeroporto, in particolare un fagiano figurato all’ingresso immigrazione, comincia a darci strane risposte. “E’ troppo presto per passare il gate”, “Dovete aspettare ancora” e, dopo aver verificato che il nostro volo non compare sul tabellone delle partenze, scopriamo l’arcano. Per motivazioni non chiaramente esposte, il nostro volo è stato cancellato, e passeremo la notte in albergo a Guayaquil per poi partire alle 11.00 locali del giorno dopo. Un po’ stanchi, recuperiamo le nostre valigie, ci facciamo portare in albergo dove passiamo una notte contrastati tra la bocchetta dell’aria condizionata e un getto di aria caldo non si capisce da dove proveniente!
La mattina dopo, parca colazione e via verso l’aeroporto. Ebbene, la coda che si è creata per imbarcare le valigie è chilometrica, più di un’ora e mezza. Arriviamo e ci comunicano che “per errore” il nostro biglietto da Madrid e Malpensa non è stato riprogrammato, e quindi dovremo volare alle 12.00 europee… ma noi arriviamo a Madrid alle 4 del mattino! Lì non ci vediamo più, e cominciamo ad inveire in linguaggi discutibili. La hostess con cui stiamo discutendo ci lascia alla sua capa, che vale come un due di picche a briscola fiori; poi la hostess scappa, e la sua capa pure, mentre noi siamo ancora al bancone. Interpelliamo l’hostess di fianco, si rivolge alla sua capa, poi ad un’altra capa, insomma, ci portano all’ufficio vendite dove, non si capisce come, a meno di venti minuti dall’imbarco, riusciamo a far prendere un volo alle 8.50 da Madrid a Linate. Corriamo per tutto l’aeroporto ma poi riusciamo ad imbarcarci!
Piano, Mezza coda (l'altra mezza è dietro!)
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E poi… e poi è finita la vacanza, e questo post viene ormai scritto il 17 gennaio 2016, dopo una settimana di rientro al lavoro, dopo un freddo strano, diverso da quello vissuto in Patagonia. Manca tanto, forse troppo, di questa esperienza. Manca il volare, l’essere lontano. Manca, per la prima volta nella vita, aver staccato la testa dagli impegni, le usanze, la normalità. Caro Paolo G., che ci hai organizzato tutto il viaggio, facci un favore: facci ripartire!!!