Abbiamo avuto qualche vicissitudine nella doccia (queste cose a tempo io faccio fatica a capirle, e infatti sono rimasto insaponato che poi nel sacco a pelo sgusciavo come un'anguilla) ma la notte è stata fresca ma non male. Dal campeggio abbiamo fatto il giro del lago dall'altra parte per tornare a Eglisstadir, in direzione della cascata Dettifoss. Il viaggio è lungo e arriviamo in un paio d'ore, scegliendo però il lato del fiume sbagliato... ed alla fine ci ritroviamo a fare i conti con la benzina. In realtà le due tacche ci coprono per altri 200 Km ma la vicinanza della spia 'riserva', non vedendo distributori da chilometri, mette qualche pensiero!
Cascata bella e imponente (ha la portata più grande d'Europa) e rumorosissima, la chicca è che due ragazzi, giapponesi, si mettono a far la foto sul ciglio della cascata a mo' di tuffo (non sono più tornati). Ovviamente piove, ma ormai siamo sempre più organizzati grazie agli anti pioggia da moto e alle branchie che ci sono cresciute. Il ritorno lo guida Sara, effettuando anche un salto e un controsterzo degni di un rally. Io dormivo e vengo svegliato a causa dello stomaco momentaneamente posizionato nella trachea.
Arriviamo a Reykjahlid e facciamo subito il pieno. Il panorama dei dintorni è ancora diverso, perché aggiunge rosse colline, rosso intenso, fumanti come ciminiere e puzzone come i peggiori bar di Caracas Sulfurea. Pranziamo in un ristorante-fattoria, con sul retro dei vitellini super coccolosi: evitiamo di ricordare la succulenta madre appena mangiata da me, mentre Sara mangia un bel salmone.
Da lì torniamo un pochino indietro per visitare la grotta Grjotagjà, nota ai più colti per essere quella del trono di spade (Sara mi ha spiegato la trama e ho capito poco), con acqua a 45 gradi e francesi che occupano l'ingresso.
Saliamo poi sul vulcano Krafla (non come quell'altro, qui ci si arriva in un quarto d'ora che ci han fatto una mega-centrale geotermica). Il cratere Viti è pieno di acqua turchese e sferzato dal vento. Si può salire e facciamo il giro a piedi tornando zuppi di argilla sui piedi, la puliamo a fatica e con pochi risultati. Bellissimo peró!
Poco più sotto c'è una camminata di un'ora, che attraversa i terreni bollenti e le solfatare di Leirhnjúkur. Anche qui paesaggi lunari con muschi tutti gibbosi che a Sara ricordano una trapunta. Nel punto più tranquillo, una passerella di legno, Sara cade rovinosamente, con un aplomb invidiabile, e aspettiamo la moviola per capire se fosse rigore oppure no. In questo sentiero circolare riusciamo quasi a perderci, ma per fortuna vediamo due indiani che partono spediti e, seguendoli, troviamo il parcheggio iniziale. Ritornando abbiamo ancora da vedere delle solfatare spruzzentanti come delle teiere, con anche il fango ribollente: come dice Sara fanno "Super puzza", e poi le viene la nausea.
Ma non ci basta: la giornata finisce tra le 21 e le 23 con i bagni termali bollenti! Una vista pazzesca, io mi trovo un cantuccio e effettivamente, seduto e con la testa poggiata, mi addormento!
Alle 23.30 raggiungiamo il campeggio sulla riva del lago con mille paperelle (con annesse cacchine, Sara mi invita a ricordare). La notte che segue è la più difficile di tutte, il vento e il freddo sono effettivamente forti e patiamo parecchio!
Paolo Arosio