Intanto una comunicazione di servizio: abbiamo superato i 1.000 chilometri! E dopo le botte che la Dacia ha preso ieri pomeriggio, già è un traguardo!
Nottata ventosa e più fredda di ieri (ho avuto un filo di freddo anch'io), ancora piovicchiosa ma lo svegliarsi asciutti è già un'importante consolazione. Una lavata rapida (situazione bagni non pessima, ma numericamente molto limitati per un campeggio enorme) e ripartiamo.
Visita al paese di Höfn: ragas, già qui si parla di piccoli supermercati e perfino di un Fablab! Che chi non sa che cos'è, sappia che è una roba da maker... da DIY... artigiani digitali? Va beh mamma quando torniamo te lo spiega Sara. Piccolo refill al supermercatino e partenza!
Prima tappa molto lontana e praticamente costeggiamo i fiordi del sud-est dell'Islanda.
Una strada fantastica, che alterna ghiacciai, colline, pecore invadenti, rocce sul mare, isolotti, casette colorate ed isolate e - Sara dixit - anche due alci. Ma il percorso è troppo eccitante e io a mezzogiorno prendo il posto del passeggero e dormo un'oretta.
Sara, descrivi quell'ora di viaggio! "Ridevo perché avevi (riferimento a Paolo Arosio, NdR) su per metà il cappellino sugli occhi e avevi la bocca aperta, e volevo fare le foto dalla tua parte del finestrino, ma avevo paura che ti spaventassi, tirando giù il vetro, e gettassi fuori il cappellino!" Sara continua ricordando un "panorama sempre mozzafiato, con una semplice ma divertente strada sterrata: abbiamo fatto il perimetro di un bel fiordo!"
All'una arriviamo ad un paesino che si chiama Breidalsvik, dove mangiamo un panino rapido, e poco dopo arriviamo a Stödvarfjördur, luogo impronunciabile con una piccola casetta della signora Petra Sveinddóttir che nella sua vita ha collezionato centinaia e centinaia di minerali, quasi tutti islandesi, ed ora i figli ne hanno fatto museo. Una boccata d'aria di cultura e coltura visto che oltre alla casa c'è anche un bellissimo giardino.
Prendo il mio primo caffè (peraltro discreto, sebbene lungo come la soup-de-jour) e ripartiamo percorrendo per intero il fiordo oltre questa cittadina, riempiendo ancora i nostri occhi di splendidi colori e le nostre orecchie dell'iPod ormai alla terza ripetizione dell'album originale di Jesus Christ Superstar.
Giungiamo a Sydisfjordur, cui si arriva scollinando un piccolo promontorio (ovviamente tra nebbia e pioggia). Si arriva ed è un porto, che immaginiamo isolatissimo durante l'inverno, con (due) locali fricchettoni anni '70, (un) bistró e (due) pub, e una elegante chiesetta azzurra (Blaakirkjan), ovviamente chiusa. È in pratica una toccata e fuga, perché ripercorriamo quell'unica strada di accesso e in 25 chilometri raggiungiamo Egilsstadir.
Potremmo dormire nell'elegante campeggio con vista sulla statale (una sorta di campeggio sulla vigevanese) ma preferiamo puntare al campeggio Atlavik, sul lago Lagarfljot, ad una ventina di minuti.
Montiamo la tenda prima di scoprire che la doccia è a 2 Km di distanza, nell'altro campeggio (peraltro deserto). Prima di andare a farla, mangiamo salmone e agnello (stile indiano, quindi spezie a go-go) in un hotel sulla strada. Visto che c'è il Wi-Fi carichiamo ora il tutto... riusciranno i nostri eroi a docciarsi? La risposta domani alla riapertura della tenda!
Paolo Arosio